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Controllo degli armamenti egovernance tecnologica (parte prima)

di col Mattia Annovazzi


È notizia molto recente che il Consiglio federale, nel Messaggio sull’esercito 2024, ha rivalutato al rialzo il rischio di un attacco a distanza con missili balistici, missili da crociera o droni armati alla Svizzera.

L’ottobre scorso il Center for Security Studies (CSS) del Politecnico federale di Zurigo ha organizzato una conferenza su questi temi, promuovendo uno scambio informale (regole Chatham House) tra politica, amministrazione, economia e scienza.

In un contesto geopolitico e tecnologico in rapida evoluzione, lo sviluppo di misure aggiornate di controllo degli armamenti e di governance tecnologica rimane un compito politico importante anche per la Svizzera. L’ordine mondiale liberale è a un punto di svolta.

La guerra Russia-Ucraina, l’espulsione degli armeni dal Nagorno Karabak, l’attacco brutale di Hamas su Israele, sono segni tangibili di una crisi globale di cui non si vede una fine.

Anche l’intensificarsi della competizione tra grandi potenze ha incrinato ulteriormente la già fragile architettura del controllo degli armamenti. Alle rinnovate e più intense dinamiche di riarmo, si contrappone un manco di strumenti effettivi e di cooperazione per contrastarle.

Nel contempo, il rapido progresso tecnologico in settori quali l’intelligenza artificiale, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), la robotica, le neuroscienze e le biotecnologie, genera rischi e opportunità per la governance tecnologica. In particolare, l’adattamento dei meccanismi di controllo delle esportazioni e il crescente utilizzo dello spazio extra-atmosferico come dominio strategico pongono grandi sfide al controllo degli armamenti.

Il controllo sugli armamenti è stato creato negli USA negli anni ’50 e ’60 nella consapevolezza che tra superpotenze nucleari, accanto a una grande rivalità, vi era un comune interesse a impedire conflitti nucleari, una vicendevole distruzione non essendo di interesse per nessuno. Da ciò emerse l’idea della sicurezza comune.

Alla commissione Palmer del 1982 parteciparono politici e specialisti dell’ovest e dell’est, della Russia, dell’India e dell’Indonesia.

Nel 2023 siamo purtroppo lontani da un’idea di sicurezza comune, che rimane strettamente legata al controllo degli armamenti e può avere successo solo se i partecipanti riconoscono e accettano gli interessi superiori di sicurezza anche degli altri.

Negli anni ’70 e ’80 la Russia era una potenza orientata allo “status quo”. La Russia attuale non lo è più, sia per le aggressioni compiute, ma anche per le sue idee di sicurezza in Europa. La Russia è ora una potenza revisionistica, ciò che è un problema anche per quanto riguarda il controllo degli armamenti. Che questo sistema di controllo sia in crisi non è una novità.

Il 5 febbraio 2026 scadrà l’accordo New START (Strategic Arms Reduction Treaty; Trattato di riduzione delle armi strategiche: poneva un limite di 1550 testate operative), dopo la sospensione alla sua partecipazione decisa da Mosca. Ciò significa che rimarrà in vigore soltanto il Trattato di non proliferazione nucleare (Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons [NPT]).

Lo smantellamento dell’architettura di controllo sugli armamenti creato durante la guerra fredda è in corso da anni: il Trattato sui missili anti balistici (Anti-Ballistic Missile Treaty [ABMT] del 1972) è stato denunciato dagli USA già nel 2002. Il futuro del nucleare si muove verso un ritorno a una situazione non regolata.

La questione è che non è possibile rinunciare semplicemente al controllo sugli armamenti. Non agire non sembra essere un’opzione, non da ultimo perché la tecnologia avanza a ritmi sempre più serrati, l’instabilità aumenta, ciò che potrebbe aumentare le possibilità di una guerra.

La Svizzera, in quanto paese neutrale altamente globalizzato e tecnologico e parte di importanti accordi internazionali, non sfugge alla necessità di un controllo delle esportazioni e degli approvvigionamenti, già solo per il fatto che da anni sostiene iniziative/attività e si profila negli ambiti controllo degli armamenti, disarmo e non proliferazione, quale contributo alla pace, alla sicurezza e alla stabilità.

Per esempio, la Svizzera ha partecipato attivamente alle trattative sulla proibizione delle armi nucleari (Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons, TPNW) e sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (Comprehensive Nuclear-Test- Ban Treaty, CTBT).

[…]

di col Mattia Annovazzi.
Il resto dell'articolo lo trovi nel n° 1/2024 della RMSI.

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