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Obiettivi e prospettive dell’offensiva ucraina nella regione russa di Kursk

Tra guerra e propaganda, l’offensiva scatenata dalle truppe ucraine nella regione russa di Kursk il 6 agosto scorso ha senza dubbio colto di sorpresa quasi tutti.

Innanzitutto i russi che, anche alla luce delle gravi e crescenti difficoltà delle forze ucraine ben percepite dalle truppe di Mosca che da tempo stanno accelerando l’avanzata su tutti i fronti del Donbass, non si aspettavano un attacco in forze sul proprio territorio.

Considerati i bombardamenti ucraini e gli attacchi lungo il confine che si verificano ormai da due anni, il comando russo riteneva a rischio semmai la regione di confine di Belgorod, non certo quella di Kursk. Infatti su quel confine erano schierate guardie di frontiera (che in Russia dipendono dai servizi di sicurezza interna, FSB ex KGB) e da truppe di leva (non impiegate in Ucraina) che non hanno potuto opporre molta resistenza alle migliori brigate di cui ancora dispone l’esercito ucraino, composte da veterani e dotate in larga misura di mezzi occidentali.

Alla sorpresa della rapida penetrazione delle colonne motorizzate ucraine, i vertici di Mosca hanno dovuto aggiungere un forte imbarazzo politico e l’ira del Cremlino per il valore politico e simbolico di questo attacco, che costituisce il primo caso di invasione di un lembo di territorio russo dalla Seconda guerra mondiale, anche se limitato a circa 1000 chilometri quadrati dei 30 000 su cui si estende la regione di Kursk.

Un’offensiva che ha colto di sorpresa anche molti osservatori internazionali ed esperti di questioni militari i quali in gran numero hanno espresso valutazioni scettiche, quando non di aperta critica e condanna. Alcuni hanno paragonato l’attacco a Kursk a una sorta di replica su scala ridotta dell’Offensiva tedesca delle Ardenne che nel dicembre 1944 colse inizialmente di sorpresa gli alleati che poi neutralizzarono le forze corazzate tedesche grazie anche alla superiorità aerea. Un’offensiva ardita, che costò al Terzo Reich le sue ultime grandi unità corazzate, ma che non impedì (o forse accelerò) la resa della Germania appena cinque mesi dopo.

Anche per numerosi blogger militari ucraini, l’offensiva a Kursk ha privato l’esercito di Kiev delle poche riserve disponibili per tamponare gli sfondamenti russi sui fronti del Donbass, soprattutto intorno alle roccaforti di Kupyansk, Chasov Yar, Pokrovsk, Ugledar e Toretsk dove diverse unità ucraine rischiano l’accerchiamento o l’annientamento.

Le 6 brigate con droni e sistemi di difesa aerea mobilitate da Kiev per l’attacco a Kursk sarebbero state più utili alla battaglia difensiva nel Donbass che vede gli ucraini in forte inferiorità di truppe (soprattutto truppe addestrate ed esperte), mezzi, velivoli e munizioni anche perché la logistica russa è stata enormemente facilitata dal completamento della nuova ferrovia Rostov – Mariupol che attraversa il Donbass costeggiando il Mare d’Azov.

Anche i media occidentali hanno mostrato sorpresa per questa offensiva ucraina dalle finalità incerte: Wall Street Journal e New York Times sottolineavano che mantenere il controllo dei territori occupati sarebbe stato molto difficile. “Da un punto di vista operativo e strategico, questo attacco non ha assolutamente senso. Sembra un grosso spreco di truppe e risorse che sono necessarie altrove”, ha detto Pasi Paroinen del think-tank finlandese Black Bird Group.

Di certo non sono stati sorpresi i vertici militari anglo-americani, senza dubbio direttamente coinvolti nell’offensiva, poiché la gran parte delle informazioni d’intelligence sono giunte dai rilievi aerei e satellitari effettuati dagli assetti di Londra e Washington, come hanno confermato alcune fonti ai media anglo-sassoni.

Come ben sanno i militari, un tale supporto informativo costituisce evidentemente parte fondamentale del processo di pianificazione, oltre che di conduzione, di un’operazione così vasta: per questo anche i russi hanno subito evidenziato il ruolo delle potenze occidentali nell’attacco al loro territorio. Presenza confermata anche sul terreno da diversi video che ritraevano personale militare nella regione di Kursk con addosso l’uniforme ucraina, ma che tra di loro parlavano in inglese o americano.

Gli obiettivi che un simile attacco poteva perseguire sono in campo militare rapidamente intuibili mentre in ambito politico richiedono interpretazioni più maliziose.

Facile infatti valutare che l’attacco al territorio russo con l’occupazione della cittadina di Sudzha e circa un centinaio di villaggi puntasse a umiliare Mosca e a obbligarla a ritirare ingenti forze dai fronti ucraini per liberare al più presto il territorio nazionale interrompendo così, o quanto meno rallentando, l’avanzata russa verso ovest nel Donbass.

La strategia ucraina si è rivelata però fallimentare poiché Mosca ha richiamato truppe professionistiche per bloccare e poi contrattaccare gli ucraini, ma solo marginalmente dal Donbass da cui è stata mobilitata una brigata di fanti di Marina che si trovava nelle retrovie per un periodo di riposo.

La gran parte dei reparti impegnati nella regione di Kursk provengono da diverse regioni della Russia, inclusa la Cecenia che ha impiegato la nuova brigata di combattenti arruolati dal ministero dell’interno di Grozny pochi mesi or sono nella Forza Akhmat.

Con circa 40 000 uomini in campo, i russi non sembrano aver fretta di respingere gli ucraini fuori dal territorio russo: hanno riconquistato ampi territori soprattutto sul fianco occidentale e sembrano puntare a tagliare in due il saliente in mano agli ucraini prendendo il controllo delle vie di rifornimento e del confine, in modo da chiudere il nemico in una sacca.

Ma senza esercitare una pressione elevata, forse perché il fronte di Kursk sta logorando le uniche riserve disponibili dell’esercito di Kiev accentuandone il tracollo nel Donbass. Del resto chi combatte in inferiorità di truppe, armi e mezzi non dovrebbe avere nessun interesse ad ampliare il fronte.

Nei circa due mesi trascorsi tra l’attacco a Kursk e il momento in cui scriviamo queste note, le forze di Kiev sono state progressivamente logorate dall’artiglieria nemica e i massicci attacchi aerei russi a cui gli ucraini riescono a opporre ben poca resistenza, sia perché le bombe guidate plananti vengono sganciate dai Sukhoi russi a 30 o 40 chilometri dall’obiettivo, sia perché i sistemi di difesa aerea a medio raggio schierati nella regione ucraina di confine di Sumy sono stati ripetutamente individuati dai droni russi e distrutti dai missili balistici Iskander.

A differenza del Donbass, dove gli ucraini hanno fortificato ogni chilometro di territorio fin dal 2014, nei territori occupati di Kursk non vi sono postazioni fortificate e la netta inferiorità ucraina in termini di volume di fuoco ha determinato un crescendo di perdite difficilmente sostenibile nel tempo.

I russi non hanno interrotto né rallentato lo sforzo offensivo in Donbass, né hanno interrotto il contrattacco a Kursk, dimostrando di disporre di un numero sufficiente di forze da combattimento per far fronte alle diverse esigenze difensive senza inficiare lo sforzo offensivo in Donbass.

Alla luce di queste valutazioni per provare a comprendere le ragioni dell’offensiva ucraina occorre guardare alle motivazioni politiche che sono almeno due.

Da un lato l’attacco puntava a guadagnare tempo ritardando un eventuale tracollo dell’esercito ucraino nel Donbass, la cui possibilità è certo concreta, ma che a Washington tutti vorrebbero scongiurare almeno prima delle elezioni presidenziali del 5 novembre. La disfatta ucraina verrebbe certo cavalcata da Donald Trump, che oppone al costoso invio di armi a Kiev un accordo con Mosca, e sarebbe disastrosa per la residua credibilità dell’Amministrazione Biden e per quella del candidato del Partito democratico Kamala Harris. Una motivazione che spiegherebbe il ruolo degli anglo-americani nella pianificazione e attuazione dell’offensiva.

D’altra parte anche Kiev ha tutto l’interesse a innalzare l’escalation con Mosca coinvolgendo maggiormente le potenze occidentali come dimostrano anche le reiterate e al momento vane pressioni esercitate su Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia affinché consentano l’impiego contro obiettivi sul territorio russo dei missili balistici ATACMS e da crociera Storm Shadow/SCALP forniti all’Ucraina.

L’impressione è che a Kiev siano consapevoli che l’unica possibilità di evitare la sconfitta è ormai riposta nel coinvolgimento diretto nel conflitto delle nazioni aderenti alla NATO.

Articolo apparso sulla RMSI 5/2025
di dr. Gianandrea Gaiani

Immagine: Difesa suolo-aria (BODLUV). Misure di sicurezza per la conferenza sulla pace in Ucraina sul Bürgenstock (NW) tenutasi il 15 e 16 giugno 2024.

Una risposta a “Obiettivi e prospettive dell’offensiva ucraina nella regione russa di Kursk”

  1. Se la NATO interviene in questo conflitto sarà un disastro la terza guerra mondiale avrà inizio.
    Ricordo che questa guerra è stata provocata dagli USA con il suo piano di estenzione della NATO.
    Gli USA occupano militarmente mezzo mondo con 850 basi, ma nessuno dice niente
    Tenendo conto che anche la ” neutrale” Svizzera si è allineata alla politica di guerra USA NATO UE.
    Quindi addio neutralita

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