Un’impresa titanica attende il nuovo direttore del DDPS Martin Pfister, entrato in carica il 1° aprile. Il neoeletto dovrà procedere a nomine chiave nell’esercito e nei servizi informativi, indirizzare le maggiori risorse destinate alla Difesa secondo un chiaro ordine di priorità, venire a capo dei problemi incontrati da alcuni grandi progetti, colmare le lacune nell’equipaggiamento personale e di corpo, affrontare la questione RUAG con annessi e connessi ed elaborare una strategia per la politica di armamento.
Fra i suoi primi atti politici ci sarà la difesa in Parlamento del Messaggio sull’esercito, che prevede un programma di armamento di 1.5 miliardi di franchi e la messa fuori servizio dei Tiger F-5. Il piatto forte è l’acquisto un nuovo sistema d’artiglieria su ruote, con il Piranha IV come piattaforma portante che sostituirà (anche se non integralmente) l’obice blindato M-109 e raggiungerà una distanza d’efficacia di 50 chilometri. Saranno acquistati 32 mezzi con canne da 155 mm, che corrispondono al fabbisogno di due gruppi. Previsto, fra le altre cose, anche l’acquisto di radar passivi per la sorveglianza dello spazio aereo e di mini droni per l’esplorazione tattica, unitamente a un potenziamento dell’infrastruttura informatica e alla creazione di un nuovo centro medico regionale al Monte Ceneri.
Ma accanto al necessario cambiamento all’insegna dell’ammodernamento dei mezzi, sarà interessante capire quale sarà la posizione di Martin Pfister su un fenomeno relativamente nuovo e che non riguarda solo al Svizzera: il revival di pratiche e di soluzioni in ambito militare risalenti ai tempi della Guerra fredda.
Fra i compiti assegnati dal Parlamento al dipartimento, infatti, c’è anche quello di presentare un concetto sul futuro orientamento dell’esercito. A inizio marzo, il DDPS ha avviato una consultazione sulle aree di atterraggio per elicotteri e la coutenza militare di infrastrutture civili. “Alla luce delle mutate condizioni quadro geopolitiche”, ha scritto il dipartimento, “l’esercito attribuisce nuovamente maggiore importanza alla decentralizzazione”. Gli ex aeroporti militari di Buochs (NW), Mollis (GL) e St. Stephan (BE) dovranno essere utilizzati per esercizi di breve durata, anche per singoli voli con aerei da combattimento. Al pari delle esercitazioni già effettuate sull’autostrada A1 e, nelle scorse settimane, all’aeroporto di Belp, si vogliono creare alternative nel caso in cui gli aerodromi di Emmen (LU), Meiringen (BE) e Payerne (VD) dovessero essere inutilizzabili.
Un ripensamento è in atto anche per quanto riguarda la fortezza. Se ancora nel 2022 il Consiglio federale si era detto contrario a riattivare le vecchie fortificazioni, a inizio 2023 il capo dell’esercito Thomas süssli ha annunciato a sorpresa che l’esercito sta valutando se conservare alcuni lanciamine da 12 cm e le relative infrastrutture, magari anche per altri scopi, sotto forma di centri di comunicazione protetti o di depositi di munizioni. Si tratta (NZZ del 26 marzo) per la precisione di 112 lanciamine installati fra il 1960 e il 2003. Gran parte di queste armi sono fuori servizio da anni. Per rimetterle in funzione sarebbe necessario prevedere un’apposita voce nel programma di armamento, seguita da una decisione del Parlamento.
A livello politico è stata sollevata anche la questione del minamento di strade, tunnel e ponti, previsto nel periodo della Guerra fredda per rallentare un’eventuale penetrazione nemica. Il dispositivo (circa duemila siti in punti strategici erano predisposti per la distruzione) è stato smantellato a partire dal 1991. Le ultime cariche esplosive sono state rimosse nel 2014.
Il consigliere nazionale UDC David Zuberbühler (AR) ne ha sollecitato la riattivazione, convinto, alla luce dell’esperienza sul terreno in Ucraina, che questo dispositivo sia fondamentale per la strategia di difesa. viola amherD ha detto che con lo sviluppo di sistemi d’arma precisi e il conseguente cambiamento della situazione della minaccia dalla fine della Guerra fredda, l’importanza e il valore di questi dispositivi sono diminuiti in modo significativo. Tecnicamente, l’operazione sarebbe in parte realizzabile, ma servono risorse finanziarie, materiale e personale specializzato. Per ripristinare il vecchio dispositivo servirebbero almeno 15 anni. Il deputato ora vuole rilanciare il tema nella Commissione della politica di sicurezza. Anche questo potrebbe diventare materia per il nuovo capo del dipartimento.
In questi ragionamenti volti alla riscoperta del passato la Svizzera non fa eccezione. La Norvegia, ad esempio, ha deciso di riattivare la stazione aerea di Bardufoss (chiusa una quarantina di anni fa), realizzata nella montagna, e la base navale di Olavsvern (chiusa nel 2009 e venduta a privati), a nord del Circolo Polare, vicino al confine con la Russia. Il ruolo della base aerea riattivata (fonte BBC) sarà quello di aiutare la “resilienza e la sopravvivenza” degli F-35 norvegesi di fronte a un attacco russo. Gli stessi russi hanno riattivato, negli ultimi anni, una cinquantina di basi della Guerra fredda di vario tipo nell’Artico.
La Marina svedese è tornata alla sua base navale sotterranea sull’isola di Muskö, a circa 40 chilometri da Stoccolma. Da parte sua, la Danimarca, preoccupata dall’aumento della minaccia russa, ha siglato un’intesa con l’azienda norvegese di difesa Nammo per la produzione di granate e munizioni in uno stabilimento nel nord-ovest del Paese. Nammo è uno dei principali produttori europei di munizioni, di proprietà al 50% del governo norvegese e al 50% dell’azienda finlandese di difesa Patria.
La questione della produzione in proprio di munizioni è tornata d’attualità anche in Svizzera, visto che a medio termine sussiste il rischio che la SwissP Defence di Thun (ex Ammotec), appartenente all’azienda italiana Beretta, venga trasferita all’estero e che la Svizzera finisca per dipendere da altri Paesi, soprattutto per le munizioni di piccolo calibro. Alla luce del deterioramento della situazione in materia di politica di sicurezza, il Consiglio federale si è detto consapevole che mantenere SwissP Defence in Svizzera sarebbe vantaggioso per l’esercito. Allo stato attuale, tuttavia, non è previsto un riacquisto (parziale) dell’azienda da parte di RUAG, della Base logistica dell’esercito o di un’altra unità amministrativa. Nel bilancio della Confederazione, ha spiegato il Governo in Parlamento, non sono previste risorse a tale scopo. Quanto a RUAG MRO non dispone di risorse finanziarie sufficienti per un eventuale acquisto.
Secondo il Consiglio federale la misura più efficace per mantenere la sede è un numero sufficiente di potenziali ordini. Ciò non richiede soltanto ordini per sostenere l’esercito, ma anche ordini provenienti dal settore privato e da organi governativi esteri, spiega ancora il Consiglio federale, secondo cui il mercato svizzero è troppo piccolo per raggiungere tale obiettivo.
Articolo del magg Giovanni Galli
apparso sulla RMSI 2/2025
Immagine: © VBS/DDPS Julien Thiebaud