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Un autunno intenso

Si profila un autunno intenso a Berna sui temi di politica di sicurezza. Già dopo le vacanze estive, il Parlamento ha iniziato a chinarsi sull’acquisto degli F-35, che dovrebbe risultare più caro di 1.3 miliardi di franchi rispetto ai 6 miliardi decisi nel programma di armamento del 2022.

Mentre il Dipartimento della difesa dovrà cercare un accordo con il governo statunitense per evitare il rincaro – le probabilità di successo sono assai scarse – la Commissione della gestione del Nazionale indagherà il ruolo delle autorità sulla questione del “prezzo fisso” degli aerei; un dato assodato per la Svizzera, un “malinteso” per gli americani. Saranno esaminate anche le modalità relative alla gestione delle perizie giuridiche chieste dal DDPS prima dell’acquisto (tre riguardavano, appunto, il prezzo fisso) e l’adeguatezza dell’informazione del Consiglio federale nei confronti dell’autorità di alta vigilanza e del pubblico.

L’indagine è affidata a una sottocommissione di nove membri. È possibile che vengano sentiti, fra gli altri, l’allora direttrice del dipartimento Viola Amherd, l’ex segretario del dipartimento Toni Eder, l’ex capo degli armamenti Martin Sonderegger e l’ex responsabile del progetto d’acquisto Darko Savic, unitamente al capo dell’esercito Thomas Süssli e al capo delle Forze aeree Peter Merz, entrambi uscenti.

Da parte sua, la Delegazione delle finanze (composta da membri di entrambe le Camere e incaricata dell’esame di dettaglio e della sorveglianza dell’intera gestione finanziaria della Confederazione) ha chiesto di chiarire le circostanze che hanno portato al “malinteso” sul prezzo fisso, ma anche di limitare i prevedibili costi aggiuntivi di diversi milioni di franchi per gli altri progetti del programma Air2030.

Tali costi sono dovuti al rincaro dei costi di costruzione degli hangar, degli edifici per simulatori e delle infrastrutture TIC per l’F-35A, “nonché alla notevole incertezza finanziaria legata al futuro sviluppo del sistema di difesa terra-aria a lunga gittata Patriot”. In aula passerà anche il programma di armamento, che dopo essere stato approvato in giugno dal Nazionale attende di superare lo scoglio degli Stati. La lista degli acquisti, per un totale di 1.5 miliardi, è sostenuta da una solida maggioranza.

Il piatto forte, 850 milioni di franchi, è l’acquisto di un nuovo sistema di artiglieria su ruote: si tratta dell’AGM Artillery Gun Module – 32 pezzi – prodotto dalla tedesca KNDS Deutschland con il Piranha IV come piattaforma portante che sostituirà l’obice blindato M-109. La distanza di efficacia è di 50 chilometri.

Altri 255 milioni riguarderanno lavori di manutenzione sui carri armati Leopard-2 e altri 35 milioni sono destinati ai carri armati di recupero 01. Per migliorare l’interconnessione sarà inoltre ampliata l’infrastruttura informatica presso la truppa (110 milioni) e sarà implementato un software per garantire uno scambio di dati e informazioni rapido, sicuro e standardizzato (72 milioni). All’interno dei vari crediti, ne spicca uno relativo ai mini droni (30 milioni), che migliorano l’esplorazione tattica nell’area vicina al suolo.

Decisamente più controversa, invece, è la questione dell’acquisto di nuove munizioni per un totale di 1 miliardo di franchi, destinate ai sistemi di difesa terra-aria a lunga e media gittata e ai sistemi di appoggio di fuoco indiretto a media distanza. La spesa supplementare era stata proposta dalla Commissione della politica di sicurezza del Nazionale, con il proposito di stipulare in tempo utile contratti per le munizioni e assicurarsi così termini di consegna più brevi.

Il “plenum”, tuttavia, ha detto no, anche perché non è stata formulata una soluzione di finanziamento. La maggioranza preferisce la soluzione del Consiglio federale di un aumento graduale delle scorte. Ma la Commissione omologa degli Stati, sebbene con un solo voto di scarto, intende tornare alla carica in aula, facendo leva sulla minaccia e sulle strozzature nel mercato degli armamenti. Dovrebbe anche essere sancita la messa fuori servizio della flotta degli F-5 Tiger.

Il prolungamento della durata di vita di questi velivoli è considerato troppo costoso e non fornirebbe alcun contributo al rafforzamento della capacità di difesa della Svizzera. Un punto centrale sarà la riforma restrittiva del servizio civile per attenuare il problema dell’alimentazione dei ranghi dell’esercito. Il giro di vite è stato approvato in giugno dal Nazionale e approda ora agli Stati.

Oggi, un terzo delle domande di ammissione viene da giovani che hanno già ultimato la scuola reclute. Nel 2024, su 6799 ammissioni (l’equivalente di una brigata), 2294 concernevano persone che volevano smettere i panni militari; troppe per chi ritiene che il servizio civile debba tornare ad adempiere il suo scopo originario: offrire una soluzione di carattere speciale per persone che si trovano in una situazione particolare e non un’alternativa al servizio militare motivata da ragioni diverse dal conflitto di coscienza.

Un primo tentativo di alzare l’asticella per passare dal grigioverde al servizio civile era clamorosamente fallito nel 2020 quando, in votazione finale, il Nazionale aveva rifiutato la riforma. La nuova legge, non molto diversa da quella caduta cinque anni fa, prevede sei misure:

  • un minimo di 150 giorni di servizio civile da prestare in ogni caso;
  • l’applicazione anche per i sottufficiali e ufficiali del fattore 1.5 per determinare i giorni di servizio civile ancora da prestare;
  • escludere l’impiego dei medici nel rispettivo settore specialistico;
  • la non ammissione per i membri dell’esercito con zero giorni di servizio residui;
  • l’introduzione di un obbligo d’impiego annuale a partire dall’ammissione;
  • l’obbligo di prestare il cosiddetto “impiego di lunga durata” entro l’anno successivo all’ammissione se la domanda viene presentata durante la scuola reclute.

Si stima che le ammissioni dovrebbero scendere dalle oltre 6700 attuali a circa 4000 all’anno. Se la riforma sarà definitivamente approvata dal Parlamento, è altamente probabile che ci sarà un referendum da parte della Federazione servizio civile CIVIVA e dei Giovani Verdi.

Secondo la minoranza parlamentare, il servizio civile è il bersaglio sbagliato: sarebbe più giusto, dice, rispondere alla sfida posta dall’apporto di effettivi all’esercito con misure volte ad aumentare l’attrattiva del servizio militare.

Limitare l’accesso al servizio civile con il pretesto di un numero eccessivo di ammissioni, è stato detto in aula, lede la libertà di coscienza prevista dalla Costituzione.

del maggiore Giovanni Galli
Articolo apparso sulla RMSI 4/2025

Immagine di copertina: © Béatrice Devènes

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